https://patriziaportoghese.com/2013/07/11/un-momento-di-passione-racconto-breve-1-parte/
E’ già buio quando rincasa. Le luci della strada sono spente. Il solito black-out per il risparmio energetico.
Accende la luce del cellulare ed infila la chiave nella serratura del cancello. Un ultimo sguardo alla macchina appena parcheggiata, con la testa che ha… Meglio controllare che sia stata chiusa. E’ già in casa, come un’automa getta le chiavi sul comò e la giacca sulla sedia. Pensa all’uomo che l’ha contattata, di certo la questione la intriga.
Stasera ha voglia di coccolarsi -“M’immergerò e resterò così tutto il tempo che voglio”- Pensò. E così fece. Sciolse i sali che aveva appena acquistato, in uno di quei negozi profumatissimi del centro commerciale. Si distese, solo il mento fuori dall’acqua. Tiepida e carezzevole . Le sembrava di essere tornata nell’utero materno, nell’acqua che da la vita. Con gli occhi chiusi la ripercorse, tutta.
Dopo la separazione aveva sofferto molto. Nonostante i litigi e le amarezze degli ultimi anni, la mancanza era diventata dolore e struggimento. Ogni oggetto, ogni parete, ogni ambiente le ricordava il bello e il brutto. In quella casa era passato un uragano. Non voleva viverci più. L’assenza era massacrante. Più tardi avrebbe capito che l’assenza non era comunque sintomo d’amore. L’amore finisce? Non era nei suoi programmi di vita. Eppure era così, fine. Il pensiero che lui stesse con un’altra la stava annientando. Ma è ben risaputa la forza delle donne, la trovano comunque e ovunque. Riescono a risollevarsi. Le era costata fatica, ma ce l’aveva fatta.
Ogni tanto i ricordi facevano capolino. Sua abitudine mettersi alla scrivania e scrivere quello che le veniva in testa. Questo l’aveva salvata dalla depressione. I momenti più difficili arrivavano di notte. La notte dove tutto si amplifica e la mente non riesce a riposare e mastica i pensieri come una pianta carnivora.
Dopo un’ora di relax nella vasca da bagno, si asciuga e indossa una vestaglia color pesca, di seta. Mette a bollire l’acqua per la solita tisana. Dicono purifichi. Crediamoci, ma comunque sia è buona, buona davvero. Decide finalmente di accendere il computer, sono quasi le undici di sera. Solito iter, inserimento di una password ed è fatta.
Naviga in quel mondo virtuale, in quell’isola dove intorno non c’è mare, forse solo l’illusione di trovare sfogo alla solitudine. Spera di non vedere accesa la lucina verde accanto a quel nick. Un nick particolare, una parola in dialetto. Scoprirà più avanti il significato.
Tira un sospiro di sollievo. La lucina è spenta. Lo cerca, ma ha timore d’incontrarlo nelle parole scritte. Tre minuti forse, il tempo di sbirciare altri profili. Quel pallino s’illumina, è entrato. Immediatamente si apre una finestrella in alto a destra del monitor.
-“Ciao… Vedo che ci sei…”- Attende qualche secondo e risponde, ma la mano sul mouse tentenna quasi a non volere. Ha paura di spingersi in un dialogo con una persona sconosciuta. -“Si, sono appena entrata… Ciao…”-
Qualche attimo di silenzio e nella chat vede apparire un link. Lo apre. E’ il link che riporta ad una canzone, una canzone bellissima, veramente da brividi. Pensa che è una strategia, ma ascolta con piacere. Una musica che conosceva bene, lo ringrazia per il pensiero. Poi le domande e le risposte credo di rito. Cosa fai nella vita? Perché sei qui? Sei sposato/a? Ovviamente alla terza domanda rispose che era separato. Sapeva, dai racconti di un’amica che quasi tutti gli uomini lo affermano. La maggior parte sono sposati e bugiardi.
Cosa aveva da perdere tutto sommato, le sembrava una persona garbata. Non il minimo cenno a cose sgradevoli, per dirla tutta nessun approccio virtuale sul sesso, per fare sesso. Non era quello che cercava o almeno non così. Ormai erano due settimane che chiacchieravano sulla chat. Una sera lui le disse -“Forse dovremmo sentire le nostre voci, non credi?…”- Si erano detti molte cose in quelle settimane, si erano confidati, credevano di conoscersi bene. Nell’aria un’infatuazione, forse qualcosa di più. Si erano anche scambiati le foto. “Certo… Forse è il momento giusto…”- Rispose.
Quello che udì le piacque, si le piacque da morire. Il modo garbato nella chat si rifletteva anche al telefono. Parlarono un’ora e più, di tutto. Delle passioni, del lavoro, dei viaggi, del futuro. L’intonazione profonda in quell’accento lieve di una terra circondata dal mare, la fece capitolare. Ogni sera, anche due volte al giorno le loro voci s’intrecciarono per altre tre settimane. (Continua)
Patrizia Portoghese
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